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Come è fatta la Birra: storia e composizione

Ott 31, 2022

La birra, bevanda a bassa gradazione alcoolica ottenuta dalla fermentazione del malto d’orzo e altri cereali e aromatizzata col luppolo, viene prodotta in modi differenti da almeno 6000 anni. Conosciuta o scoperta da babilonesi ed egizi, si diffuse in Grecia, Gallia e Germania, divenendo rapidamente la bevanda d’elezione dei popoli nordeuropei.
In tempi più recenti la produzione della birra si è sviluppata contemporaneamente alla panificazione per le analogie della fase iniziale nei due procedimenti: le birre primitive venivano infatti prodotte immergendo in acqua del pane parzialmente cotto, fatto con una mistura di orzo sminuzzato in fase di
germinazione e lievito.

Dal XIV secolo la produzione birraria si è sviluppata autonomamente da un punto di vista commerciale, con specifiche tecniche di preparazione, mettendo a frutto l’esperienza acquisita in tre secoli di attività dai monaci, che nel medioevo erano stati i maggiori produttori, soddisfacendo non solo le proprie esigenze ma anche quelle delle popolazioni locali. Esisteva anche una produzione familiare, attuata soprattutto dalle donne. A partire dalla metà del XIX secolo, quando esistevano diverse migliaia di centri di produzione, la birra è diventata industrialmente importante, richiedendo adeguati processi tecnologici.


La produzione mondiale nel 2022 è stata 35 volte superiore a quella del 1873 e durante questo secolo il numero di industrie è diminuito di 10 volte: da un punto di vista statistico, dunque, ogni industria attuale ha una produzione 230 volte superiore a quella di cento cinquanta anni fa. Questa considerevole espansione può essere chiarita dai mutamenti della tecnologia produttiva: ad esempio, il separatore del lievito utilizzato industrialmente per la prima volta nel 1898 aveva una capacità di 1 m² per ora, mentre nella versione 1973 ha assunto una capacità di 200 m² per ora. A parte le dimensioni produttive, la tendenza attuale consiste nella formazione di società multinazionali, che impiegano apparecchiature molto raffinate, anche elettroniche.

L’industria birraria si è così trasformata da semplice processo per tappe in processo continuo, sebbene la completa automazione non sia stata ancora attuata per le difficoltà causate dal blocco degli apparati filtranti.

Quanto è importante la materia prima nella birra

La materia prima ha una sensibile influenza sul tipo e la qualità della bevanda: anche se in teoria questa potrebbe essere ricavata dalla fermentazione di qualunque cereale o qualunque altra fonte di amido, come le patate, in pratica la lezione e pulitura, vengono inumidite e arieggiate a 10-15 °C per circa 3 giorni in apposite vasche, in modo che assorbano acqua per circa la metà del proprio peso. Vengono quindi poste in particolari condizioni di umidità, temperatura (10-25 °C) ed aerazione per eliminare l’anidride carbonica che si sviluppa ricorrendo solitamente a due apparecchi:
nel primo, la cosiddetta vasca di immersione, formata da un recipiente dotato di fondo a griglia per la circolazione dell’acqua e di una valvola di scarico, l’orzo viene ventilato con aria immessa da una tubazione laterale, che la distribuisce attraverso un tubo forato e la condotta centrale, assicurando
un livello d’ossigeno adeguato e l’evacuazione dell’anidride carbonica; nel secondo, il germinatoio rotativo, l’orzo viene posto in una camera anulare in lamiera forata, girevole attorno ad un asse orizzontale, ed investito da aria umida, la cui penetrazione nella massa delle cariossidi è agevolata dalla
lenta rotazione che ne provoca il rimescolamento.

Orzo Germinato e germinazione

L’orzo germinato viene quindi sottoposto, per abbassarne il contenuto acqueo all’1,5-3%, a torrefazione, dapprima lenta e quindi rapida fino a raggiungere 70 °C circa, temperatura alla quale gli enzimi sviluppatisi durante la germinazione permangono attivi. Le modalità del processo di torrefazione
condizionano la qualità e la colorazione del malto, chiara oppure scura in seguito a caramellizzazione degli zuccheri e alla formazione di composti melanoidi. Una volta liberate dalle radichette sviluppatesi nella germinazione, le quali danneggerebbero la qualità della birra (sono comunque im-
piegate nell’alimentazione animale), le cariossidi essiccate passano allo sfarinamento, il cui prodotto finale è il malto, ricco di amido (50-60%) e corrispondente in peso ai tre quarti dell’orzo sottoposto a germinazione.

Ammostatura

Durante questo processo l’amido del malto che è stato mescolato ad acqua e additivi, viene attaccato dagli enzimi alfa e beta amilasi e trasformato in destrine e soprattutto in maltosio, zucchero fermentescibile, a differenza delle prime, e responsabile del contenuto alcoolico
della birra. L’ammostatura deve essere accuratamente controllata in modo che tutti i processi chimico-fisici e l’azione degli enzimi siano coordinati per produrre il tipo e la qualità di mosto necessari per conferire alla birra le proprietà organolettiche desiderate.

Esistono infatti due differenti processi per le birre di tipo inglese e quelle di tipo Lager, cioè continentali: il primo, detto ammostamento per infusione, è il metodo tradizionale anglosassone e consiste nel mescolare il malto con acqua calda, aggiunta a tappe e portata gradatamente da 40 a un massimo di 65 °C, mantenendo la miscela in continuo movimento con agitatori meccanici a forma di rastrelliere; nel secondo, detto ammostatura per decozione, attualmente il più diffuso, l’aggiunta dell’acqua avviene a freddo e il riscaldamento della miscela è ottenuto attraverso l’ebollizione separata di una parte e la sua successiva reintroduzione, fino al raggiungimento di circa 55-65 °C. La qualità dell’acqua usata per stemperare il malto influenza molto le caratteristiche della birra: per correggerne il tenore in sali e l’acidità si ricorre a trattamento con resine a scambio ionico.

Perché l’amido sia completamente trasformato il mosto deve essere tenuto a caldo per un periodo di 6-12 ore, ultimato il quale viene decantato e filtrato per separare gli involucri delle cariossidi e le sostanze coagulate (trebbie). Viene quindi trasferito in grosse caldaie di rame e portato ad ebollizione per almeno 2 ore con l’aggiunta di qualità variabili (150-600 g per hl) di luppolo, infiorescenza femminile del l’Humulus lupulus, i cui corimbi contengono la luppolina che dà alla birra il caratteristico aroma. Ultimata la cottura, che oltre ad estrarre il sapore amaro del luppolo serve anche a sterilizzare e a concentrare il mosto grazie all’evaporazione dell’acqua, si procede alla filtrazione (separandolo dal luppolo) e al raffreddamento del mosto, attuato in vasche metalliche aperte e successivamente con scambiatori di calore fino a raggiungere la temperatura di fermentazione.

Fermentazione

Il processo fermentativo consiste nella trasformazione del maltosio in alcool e anidride carbonica in
seguito all’aggiunta di colture di lieviti, con formazione secondaria di acidi, esteri e glicerina che contribuiscono a determinare l’aroma finale della birra. Come per l’ammostatura, a seconda della qualità della bevanda esistono due tipi di fermentazione che impiegano lieviti e temperature diversi.
Nella fermentazione bassa, realizzata a 5-8 °C e adatta per birre chiare, il lievito utilizzato è il Saccharomyces carlsbergensis, un lievito cosiddetto ‘basso’ perché si deposita sul fondo della vasca di fermentazione. Il processo si svolge nei tini, vasche aperte di cemento rivestito da resine o di acciaio
smaltato, e dura da 7 a 12 giorni fino ad una riduzione del 70% della densità del mosto e a un contenuto in zuccheri inferiore all’1% (fermentazione primaria o tumultuosa). Dopo l’abbassamento della schiuma superficiale, formatasi durante la fermentazione primaria, e la precipitazione del lievito, la birra viene travasata, filtrata e quindi avviata in vasche chiuse con temperature da 0 a 3 °C per la fermentazione
lenta (2 o 3 mesi).
La fermentazione alta, procedimento tipico delle birre inglesi, si svolge nell’arco di circa 5 giorni a temperature di 15-20 °C ad opera del Saccharomyces cerevisiae, lievito di tipo ‘alto’ che si raccoglie superficialmente sotto forma di schiuma in seguito alla pressione dell’anidride carbonica.
L’ambiente della fermentazione primaria è costituito dai tradizionali tini di legno o dalle moderne vasche, dai quali il lievito fuoriesce naturalmente dopo 3 giorni e viene utilizzato per successive fermentazioni o destinato all’alimentazione animale o ancora all’estrazione di prodotti naturali (farmaceutici e concentrati di vitamine). La birra può quindi essere avviata alla fermentazione lenta (circa 1 mese) con tempera-
tura attorno ai 10 °C.

Tipi di birra

Bevanda di buon valore energetico (400-500 calorie per litro), dovuto alla presenza dell’estratto solubile
reale (3-10% e più, costituito da carboidrati, proteine, amminoacidi, sostanze pectiche, vitamine, in particolare del gruppo B, glicerina e tannini) e dell’alcool (3-7%), per poter essere immessa sul mercato in bottiglie, lattine metalliche e fusti la birra deve subire una filtrazione finale per acquistare limpidezza. In particolare, la birra destinata all’imbottigliamento (le bottiglie sono di colore scuro per evitare gli effetti
nocivi della luce solare) viene sottoposta a pastorizzazione per impedire alterazioni ad opera di lieviti o fermenti lattici ed acetici. Il trattamento avviene con due modalità: riscaldando per mezz’ora le bottiglie sigillate sotto una pioggia d’acqua a 60 °C, oppure portando direttamente la bevanda a 70 °C per
circa 30 secondi con particolari scambiatori a piastre. L’espulsione di aria dal contenitore viene garantita dallo schiumeggiamento.

I vari tipi di birra si distinguono in base alla colorazione (bionda o chiara, bruna o scura), dovuta alla temperatura di torrefazione del malto, al tipo di fermentazione, alla percentuale di estratto e di luppolo. Tra le birre chiare di fermentazione bassa rinomate sono la Pilsen, chiara, aromatizzata e fabbricata con l’orzo di Boemia e Moravia, la Dortmund, di caratteristiche simili ma meno amara, la Monaco, più scura e
aromatica, e infine le Lager, le più diffuse al mondo, ricavate da orzi particolari, con aggiunta anche di riso.
Tra le birre difermentazione alta classiche sono le inglesi, scure e fortemente aromatiche per il maggior contenuto di luppolo, come la Stout, molto scura e forte con molto luppolo, la Porter, più leggera, e le Ale, più chiare (il nome ale indicava una bevanda inglese di malto, lievito e acqua senza luppolo sostituita
dalla birra a partire dal XVIII secolo, ma è rimasto in uso a designare birre prive delle caratteristiche sia della Stout sia delle Lager, come Bitter Ale, Pale Ale, Brown Ale), alle quali vanno aggiunte la Weiss-Bier tedesca e le Bières du Nord francesi. Birre speciali sono infine le belghe Lambic e Louvain, che richiedono una lunga conservazione e vengono ricavate da una miscela di orzo e frumento e da lieviti del genere Brettonomyces.
In Italia la birra è soggetta all’imposta di fabbricazione in base al suo grado saccarimetrico, S, cioè la quantità di estratto originale del mosto di provenienza, calcolabile con la formula S= E + 2A, dove E è l’estratto reale della birra e A l’alcool (raddoppiato in quanto si ammette che in peso due parti di estratto originale diano circa una parte di alcool). La legge prevede che il grado saccarimetrico non sia inferiore
all’11% (portato a 13% e 15% rispettivamente per le birre speciali e a doppio malto) e che la quota del malto d’orzo nel mosto raggiunga almeno il 75%.

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